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Ricordo di don Giulio Malaguti

Giancarla Matteuzzi

15 Dicembre 2023
Questa foto è della fine degli anni ’60, scattata davanti alla chiesa di san Sigismondo. Da destra: don Tarcisio Nardelli, Don Paolo Serra Zanetti, don Giulio Malaguti, don Nildo Pirani, don Tullio Contiero. È l'équipe dei giovani presbiteri che il card. Lercaro mandò a S. Sigismondo con l'incarico di occuparsi della Pastorale Universitaria. Don Paolino e don Tarcisio erano gli assistenti della Fuci. Don Giulio assistente del Centro Universitario Cattolico e parroco della parrocchia, don Nildo vice assistente del Centro universitario e cappellano della parrocchia, don Tullio Contiero addetto alla Pastorale universitaria. Io facevo l'Università proprio in quegli anni e ho avuto la grazia di stringere con ciascuno di loro una amicizia molto importante che è durata tutta la vita. Ad uno ad uno se ne sono andati, ed è stata una grossa perdita per la chiesa di Bologna e un grande dolore per chi ha loro voluto bene. Perché sono stati, ciascuno a suo modo, dei preti straordinari. Il più vecchio era don Giulio: aveva 44 anni quando arrivò a san Sigismondo. Don Tarcisio era il più giovane: ne aveva 29, come don Nildo, di qualche mese più vecchio di lui. Don Paolino ne aveva 35 e don Contiero 37. Il primo a lasciarci è stato don Paolino, poi don Contiero, don Tarcisio, don Nildo e ora, ultimo, anche don Giulio, il più vecchio, all’età di 101 anni. Mi è stato chiesto di ricordarlo per il Notiziario dell’Associazione dedicata a don Paolino: erano stati grandi amici, don Giulio e don Paolino, e don Giulio era un socio dell’Associazione fin dalla prima ora. Cinque presbiteri in San Sigismondo

 

don Giulio Malaguti

Chi era don Giulio?

Le risposte a questa domanda sono molte e diverse. Qualcuno lo ha incontrato come collaboratore di Lercaro nella missione sulla Messa, o assistente dell’Azione Cattolica, o, prima ancora, impegnato nella resistenza a Bazzano.

È stato insegnante di religione: i suoi ex-alunni hanno continuato a frequentarlo nel tempo. Assistente del Centro Universitario Cattolico, a San Sigismondo nei caldissimi anni ‘60, quando, appunto, l’ho conosciuto io.

Uomo di cultura, certamente: ha studiato e pubblicato e continuato a studiare per tutta la vita.

L’Istituto per le Scienze Religiose (una volta Centro di Documentazione) di via san Vitale era la Biblioteca dove scappava non appena gli era possibile. Grande conoscitore della Sacra Scrittura, ha continuato a seguire nel tempo i nuovi contributi dell’esegesi, sempre aggiornato e amico dei biblisti. Aperto e desideroso di conoscere, amava molto viaggiare e dei suoi viaggi faceva tesoro portando a casa idee nuove.

Per me è stato soprattutto “prete del Concilio”: quando, giovane e tendenzialmente critica, mi affacciavo alla vita della Chiesa, don Giulio mi ha fatto incontrare la Chiesa del Concilio, per sperimentarne la bellezza. E si potrebbe continuare…

Ma soprattutto credo che don Giulio sia stato principalmente parroco. E qui io devo fermarmi e dovrebbero parlare i parrocchiani. Io posso solo dire che ho potuto vedere quanto don Giulio ha amato la sua parrocchia, e come ha realizzato pienamente la sua vocazione di “pastore”. Ha rappresentato un riferimento, di certo, per tutti.

Prete del Concilio, dicevo. Lui, il Concilio, lo aveva interiorizzato. Formato prima del Concilio (era diventato prete nel ‘46) si era pienamente convertito al Concilio: anzi, accanto a Lercaro, lo aveva per certi aspetti anticipato. Ha rappresentato un po’ una sentinella, attento a non fare dei passi indietro e di non lasciarli fare alla Chiesa.

La sua collocazione, poi, nella chiesa dei SS. Vitale e Agricola lo ha posto in un certo senso come custode delle radici della nostra fede. E io così ho vissuto la mia amicizia con lui. La sua saggezza – che talora diventava sapienza – per ciò che riguarda le cose di Dio, ma anche i problemi e i drammi degli uomini, la sua accoglienza, semplice, sincera, senza pregiudizi, ci hanno fatto sentire di casa nel suo cuore e, non di rado, anche proprio concretamente fra le mura di casa sua.

Don Giulio aveva la capacità di distinguere bene ciò che è essenziale da ciò che non ha grande importanza, una certa “gerarchia delle verità”, che talora è ben difficile da individuare nella vita di fede, ma anche nelle conseguenze della fede nelle vicende degli uomini.

Fra gli innumerevoli ricordi personali che ho di lui, mi soffermo su due, uno molto lontano e uno recentissimo: due compleanni (don Giulio compie gli anni il 3 agosto).

Quando don Giulio nel 1972 compì 50 anni – e a noi studenti sembrava già vecchio… – festeggiammo il compleanno durante una vacanza universitaria in Valle D’Aosta. Lo ricordo, attrezzato con abbigliamento da scalatore, affrontare un certo percorso del Breithorn, e raggiante, poi, al ritorno, per essere riuscito nell’impresa.

Ripensavo al suo cinquantesimo compleanno, lo scorso anno, quando festeggiammo insieme i suoi 100 anni. Avevamo preparato una gran festa in giardino, eravamo in tanti, arrivò anche il vescovo.

Don Giulio era raggiante, come 50 anni prima, e io pensai che la sua vita era stata positiva e piena.

E oggi, davanti alla sua partenza, mi viene da pensare che se ne è andato, patriarca, “sazio di giorni”…

Sta girando un piccolo video di don Giulio che una sua amica gli ha registrato in questi giorni di malattia; trascrivo il suo saluto, come sintesi della sua eredità: 

“Abbiate molta fiducia, il mondo è bello e santo l’avvenire. Il Signore è con noi e ci assiste sempre”.

Testo presente anche su: Buone Notizie N.29 - Dic 2023

Categoria: Notizie
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